GIO 14 – tra la rocca e S. Rocco

Scilla in passerella: una rassegna non di moda che vuole diventare di moda

Conclusa l’edizione 2014 con #CalabriaOltre i commissariamenti. Numerosi i segnali deboli messi in rete: da più parti si spera diventi un appuntamento fisso per riflettere sui temi d’attualità andando oltre gli stereotipi.

Da piazza S. Rocco, ancora, per superare l’arroccamento. E affrontare il rischio della parola in uno spazio pubblico. Per ricominciare, insieme, a porsi delle domande. «C’è una società che ha presentato alla regione Calabria un progetto per realizzare un porto turistico a Scilla. Cinque anni fa. È da cinque anni che la commissione regionale deve pronunciarsi. È mai possibile?»: così il commissario di Scilla Aldo Aldi intervistato dal giornalista Filippo Teramo a #Calabriaoltre i commissariamenti, l’appuntamento che ha concluso l’edizione 2014 di Scilla in passerella, la rassegna culturale organizzata dalla Filodrammatica Scillese con la direzione artistica di Ossi di Seppia e Sabbiarossa Edizioni.

 

La differenziata da settembre, Chianalea isola pedonale entro ottobre, con parcheggi assegnati nelle vicinanze ai residenti e telecamere per segnalare i contravventori,  la questione dei fuochi della festa patronale risolta autorizzando il trionfino ma non gli spari verso l’alto: l’incantesimo di Scilla in Passerella si è ripetuto ancora, dimostrando come sia possibile creare spazi di libertà semplicemente dialogando. E mettendosi in gioco.

Non è stata una passerella di moda, quella declinata negli otto appuntamenti dal 5 al 14 agosto che ha visto ventisette ospiti tra scrittori, magistrati, giornalisti e protagonisti della politica dibattere ed esporsi su alcuni dei temi più scottanti dell’attualità, ma, vista la partecipazione e i numerosi consensi ottenuti, di moda la rassegna vuole diventarlo. Proprio ripartendo dalla navigazione sulla passerella del pescespada: il tentativo di superare la sindrome dell’arroccamento, della chiusura in se stessi, per riprendere il mare, ricominciando a navigare, come gli antichi pescatori ma andando oltre le rotte e le chiacchiere consuete. Di qui, #CalabriaOltre: non solo un hashtag, ma un faro mentale che ha ricordato in ogni momento della navigazione il punto di partenza, usando la passerella dell’imbarcazione come ponte.

Un ponte che ha deciso di sostare in tutte le contraddizioni e le potenzialità della Calabria. A partire da #CalabriaOltre la passerella, l’anteprima il 5 agosto al ristorante Bleu de Toi in cui l’equipaggio, accompagnato dalle note della soprano Eleonora Pisano, si è presentato su una pedana sul mare che è anche una piattaforma per fare rete in una regione che vive di reciproche diffidenze. Diffidenze ricordate da Nicola Gratteri in piazza S. Rocco il 7 agosto durante #CalabriaOltre i tribunali, quando, incalzato dalla giornalista e scrittrice Paola Bottero, ha ricordato l’importanza di una «educazione alla cultura della cooperazione»  perché «anche nei paesi a più alta densità mafiosa, la mafia resta minoranza. Ma organizzata e ordinata, mentre noi viaggiamo in ordine sparso». Com’è possibile quindi che passi l’equazione Calabria-‘ndrangheta? «La colpa è anche di noi magistrati» ha precisato un inedito Gratteri. «Molte volte, forse per fretta, ci facciamo usare dalla stampa nazionale. Dobbiamo stare attenti: occorre dire le cose ma non pensare che tutta la Calabria è ’ndrangheta, altrimenti facciamo il loro gioco». La necessità di fare autocritica è stata anche al centro di #Calabriaoltre il pregiudizio, in cui venerdì 8 agosto con il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi, il leader dei Mattanza Mimmo Martino e i giornalisti Manuela Iatì, Consolato Minniti e Alessandro Russo moderati da Josephine Condemi e Filippo Teramo, ci si è domandati come e perché lo stereotipo possa diventare una maschera calata a forza su di un popolo: «L’antico pregiudizio anticalabrese, dopo il 2005 e l’omicidio Fortugno, grazie ad una narrazione mediatica compiacente si è trasformato in un mostro» ha sottolineato Russo, autore del saggio-inchiesta Marchiati «Ma si può dire la verità e raccontare questa terra senza marchiare tutti come si fa con il bestiame o con una stirpe maledetta». Superare il marchio di terra da evitare passando anche dalla riscoperta del massiccio aspromontano: sabato 9 agosto a #CalabriaOltre l’Aspromonte, con Giuseppe Bombino, presidente Ente Parco, Cosimo Sframeli, carabiniere e scrittore, le testimonianze dei sequestrati Rocco Lupini e Fausta Rigoli moderati da Marisa Larosa e Filippo Teramo, la zampogna “a moderna” di Filippo Spanò, in cui si alternano suoni acuti a gravi, ha declinato la doppia narrazione di un territorio che vuole rinascere. Una rinascita che non può prescindere dal sostare nelle commistioni tra sacro e profano: se n’è discusso a #CalabriaOltre gli inchini domenica 10 agosto, ricordando, ha affermato Giovanni Ladiana, padre superiore dei Gesuiti di Reggio Calabria, che «il Vangelo non è una clava ma un’interrogazione alla coscienza» con il pm antimafia Stefano Musolino e i giornalisti Alessio Magro, Alessandro Russo e Paola Bottero moderati da Josephine Condemi. E di interrogazioni alla coscienza con relativa autocritica di governanti e governati si è trattato a #CalabriaOltre il declino della politica, con Giuseppe Raffa, presidente provincia Reggio Calabria, Nino Foti, vice coordinatore regionale Fi, e i consiglieri regionali Demetrio Naccari e Mimmo Talarico moderati da Alessandro Russo. L’equipaggio di Scilla in Passerella ha quindi sostato nel silenzio, nelle crepe dei non detti e dei tabù a #CalabriaOltre la narrazione  mercoledì 13 agosto, in cui il pm antimafia Antonio De Bernardo, il regista Fabio Mollo e gli scrittori Paola Bottero e Mimmo Gangemi moderati da Alessandro Russo, si sono interrogati sui cortocircuiti tra realtà e rappresentazione mediatica:  «Per narrare la Calabria non si può prescindere dal raccontarne i silenzi, superandoli cercando di ascoltare» ha sottolineato Bottero, autrice del romanzo Cartavetrata. «Quando l’apparenza diventa sostanza, è facile usare la stampa per raccontare una realtà sublimata. Ognuno di noi può passare il segno, diventare colui che lancia il personaggio e non la notizia. Noi giornalisti rischiamo di fare quanto già sperimentato dai politici: creare uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si racconta».

Fare rete, ricaricando di significato parole e momenti in quanto calabresi, riattivare circuiti virtuosi rimettendosi in gioco, è stato il filo conduttore di Scilla in Passerella, rassegna a zero finanziamenti impossibile senza una sinergia proficua tra organizzatori e direttori artistici a cui si sono affiancati l’hotel Le Sirene, il Lido Francesco, il ristorante Bleu de Toi, che hanno messo a disposizione le location, i patrocinatori – Comune di Scilla e Provincia di Reggio Calabria – che hanno aiutato nella logistica, i partner, che si sono imbarcati credendo nell’orizzonte #oltre: Scilla Eventi, Progetto 5, Radio Touring 104, Gal Basso Tirreno. Una rete destinata ad allargarsi. Perché si può sempre andare oltre.

Trovi la notizia anche su:

Il Garantista – 17/08/14

Il Quotidiano della Calabria – 17/08/14

MER 13 – Oltre il silenzio

Raccontare i silenzi e superare le paure: #CalabriaOltre la narrazione a Scilla in passerella

Bottero: «Stiamo creando uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si racconta». De Bernardo: «L’omertà comincia quando finisce la purezza e finisce quando si ritrova la dignità»

Il silenzio dell’omertà, delle parole vuote, delle domande non formulate, della paura delle risposte. Scilla in passerella, l’evento organizzato dalla Filodrammatica Scillese con la direzione artistica di Ossi di Seppia e Sabbiarossa Edizioni, ha scelto di sviscerare la #CalabriaOltre la narrazione attraverso il valore ambiguo del silenzio, aprendo la serata con il “testimone silenzioso” di Kieslowski: «In ogni episodio del decalogo del regista polacco c’è un personaggio che sta fermo, scruta e non interviene mai» ha ricordato il giornalista Alessandro Russo «come una parte dei calabresi che osservano quanto accade loro intorno e continuano ad aspettare». Testimoni silenziosi. «Per narrare la Calabria non si può prescindere dal raccontarne i silenzi, superandoli cercando di ascoltare» ha sottolineato Paola Bottero. «Quando l’apparenza diventa sostanza» ha continuato la giornalista, autrice del romanzo Cartavetrata, «è facile usare la stampa per raccontare una realtà sublimata. Ognuno di noi può passare il segno, diventare colui che lancia il personaggio e non la notizia. Noi giornalisti rischiamo di fare quanto già sperimentato dai politici: creare uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si racconta».

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Uno scollamento che non può prescindere dai tabù culturali: per lo scrittore Mimmo Gangemi «il silenzio ha purtroppo delle giustificazioni forti, è sintomo di una difficoltà di esporsi in un luogo in cui lo Stato ha spesso abdicato alla sua funzione. Il silenzio è spesso paura, è vero, ma io continuo a rivendicare il diritto di non essere eroi». Il magistrato antimafia Antonio De Bernardo ha però ricordato che questo stesso diritto «non può diventare un alibi per la rassegnazione diffusa. Ci sono, esistono persone che decidono di raccontare la verità anche in situazioni difficili, e quando questo accade riacquistano un modo di essere vivi che avevano perso. Ho visto persone rinascere attraverso la denuncia. La verità redime». Dal canto suo il regista de Il Sud è niente Fabio Mollo ha evidenziato che «rifiutarsi di conoscere la verità è già un modo per ometterla. Costruire un film sul silenzio è stata una sfida per dimostrare che la mia generazione sta dando segnali di voler andare oltre la paura e soprattutto il retaggio antico della diffidenza reciproca».

Segnali deboli ma esistenti, quelli catturati da Scilla in Passerella in un Lido Francesco stracolmo di persone decise ad andare oltre le narrazioni stereotipate. «Non è che parlare dei mali di questa terra è parlare male» ha continuato De Bernardo. «Occorre avere il coraggio di urlare due verità, che la ‘ndrangheta esiste e va sconfitta e che la Calabria è una terra bellissima. L’omertà comincia quando finisce la purezza e finisce quando si ritrova la dignità: quando questo succede, non importa più se lo stato non funziona come dovrebbe, si ritorna vivi». Una redenzione che parte da dentro: Alessandro Russo ha quindi chiesto ai relatori, citando Corrado Alvaro: «Quanto del vostro lavoro è sentirsi responsabili e chiedere scusa per il mondo come va?» Sfaccettate le risposte: «Per me, che vengo dal Gebbione» ha ricordato Mollo «diventare regista è stato importante per tentare di contribuire ad una narrazione differente. Debuttando insieme, facendo gioco di squadra». «Io non sento né di dover chiedere scusa né di dover insegnare qualcosa» ha affermato Gangemi «anche se noi che lavoriamo con le idee abbiamo una forte responsabilità nell’alimentare i pregiudizi dall’interno». Per Paola Bottero «l’unico modo per chiedere scusa è iniziare a guardarsi dentro, prendere coscienza dei propri sbagli, rifiutare facili assoluzioni nei confronti di se stessi. Chiedere scusa significa smettere di essere indifferenti, e iniziare a dire cose scomode per porsi insieme delle domande. Perché di narrazione in narrazione si è costruito un mondo che non c’entra con la realtà».

Durante il dibattito è stato offerto un rinfresco a cura del Lido Francesco.

Oggi Scilla in Passerella si chiude in Piazza San Rocco alle ore 21.30 con la #CalabriaOltre i commissariamenti: Aldo Aldi intervistato da Filippo Teramo.

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Il Garantista – 14/08/14

Il Quotidiano della Calabria – 14/08/14